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Mi piacerebbe, ma non posso

glass ball
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Ormai ho perso la percezione di quante volte ho sentito questa frase, detta da centinaia di persone, detta con le stesse parole, con la stessa intonazione. È un’intonazione diversa da chi la dice al posto di “non mi piacerebbe, ma non voglio deluderti”.

Mi piacerebbe, ma non posso” è quando la mente vede, sente e percepisce il risultato: lo desidera, lo verrebbe raggiungere, rendere reale. Ecco. Mi piacerebbe. L’utilizzo del condizionale rivela il mondo interiore.

Mi piacerebbe… e un cristallo, come una vetrina o un acquario, separa ciò potrebbe essere da ciò che sarà. Si materializza la barriera, il muro, l’ostacolo. A volte cambia, a volte è lo stesso. Per tanti è lo stesso.

Mi piacerebbe, ma… La mente vede, sente e percepisce il risultato che si allontana, sfuggente, etereo e impossibile. Prima del risultato c’è qualcosa di indesiderato e offensivo, triste e frustrante; a volte impenetrabile, a volte talmente avvolgente da non poterne più uscire.

Non posso… Svanisce ogni cosa, ogni desiderio, ogni speranza. Ora, in questo momento, in questo preciso momento della vita in cui voglio, non posso.

Cosa rende impossibile ciò che ci piacerebbe? Perché mai dovrebbe piacerci l’impossibile? Proprio perché è impossibile? Se fosse possibile ci piacerebbe allo stesso modo?

Al di la del dato statistico, ciò che mi ha molto colpito è che no, ciò che piace è quasi sempre ciò che potrebbe essere possibile. Ho continuato a chiedere alle persone cosa rendesse impossibile raggiungere quel particolare risultato e, praticamente e per ciascuno, è qualcosa che veramente potrebbe essere. Richiede sforzi, fiducia, lavoro, pazienza, attenzione, rinunce, costanza, azione, accettazione, volontà, ascolto… una di queste, molte insieme, altre differenti. Tutte, e proprio tutte, possibilmente utilizzabili, tutte disponibili e sufficienti in ciascuno.

Eppure, tutte non completamente utilizzate, qualcuna lasciata in un angolo della memoria (quando avrei potuto), qualcuna invisibile fino a quando la semplice domanda “cosa ti servirebbe?” la illumina e ne rende possibile la percezione.

Davanti all’evidenza che l’impossibile è invece possibile, tanti continuano a tornare indietro. Il muro si è sgretolato, l’acquario si è trasformato in un limpido mare in cui immergersi. Con un grande sforzo, poderosa fiducia in sé, lavoro certosino, pazienza, cura e attenzione, pervicacia e volontà ricostruiscono il muro, riposizionano l’ostacolo che loro stessi hanno superato, mentre si rinchiudono dentro l’acquario che li lascia fuori dal mondo. Desiderano che ciò che hanno sentito per loro possibile, ritorni ad essere impossibile; come se ottenerlo significasse perdersi.

Con un grande sforzo dichiarano che non sono capaci di fare sforzi, con pazienza descrivono e analizzano la propria impazienza (che per loro è ciò che li caratterizza), mentre con una volontà ferrea vogliono dimostrare di essere privi di volontà, con una cieca fiducia affermano che non ci si piò fidare, con una costanza infinita si ripetono di essere scostanti e inaffidabili.

Pochi riescono a guardarsi mentre giocano a questo gioco interiore e, facendolo, imparano a riderne di gusto. A tuffarsi nel mare limpido e a riprendersi la vita che vogliono.

Mi piacerebbe, e quindi è per me! Ora, in questo preciso momento della vita in cui voglio, posso.

E così sia.

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