Insomma, potrebbe essere qualcosa di contorto e contraddittorio. Se sono già, perché dovrei cambiare? Ciò che sono è ciò che voglio essere? Sarò mai colui che voglio essere o sarò sempre diverso da chi vorrei essere?
Il tema sembra impegnativo e soprattutto talmente intimo che ci sarebbe da chiedersi “a chi potrebbe interessare se non a me stesso”? E se interessa solo a me, che necessità c’è di farne un articolo in un blog che chiunque può vedere?
Ho iniziato da quasi un anno a fare il coach e a incontrare persone sia durante corsi che in sessione per affrontare quei temi che sono proprio in linea con la domanda li sopra.
Il punto è “chi sono?” e anche “chi credo di essere?” e anche “chi vorrei essere?” e anche… Oltre alla percezione che ciascuno ha di se stesso, dobbiamo fare i conti con la percezione che gli altri hanno di noi.
Quante volte ci siamo detti “come fa a non capirmi?”, “possibile che no si accorga di come sono fatto?”, “con chi crede di avere a che fare?” e anche…
La percezione che gli altri hanno di noi spesso modifica, distorce e confonde la stessa percezione che noi abbiamo di noi stessi. Si tratta di un indice referenziale esterno molto forte, un’attenzione marcata verso l’opinione che abbiamo di noi stessi in rapporto all’opinione che crediamo abbiano gli altri su di noi.
Il bello e che potrebbe capitare che ci facciamo un’idea sbagliata dell’opinione che altri hanno su di noi, ne più e ne meno come spesso abbiamo un’opinione sugli altri che gli interessati ritengono sbagliata.
Quando però abbiamo un’opinione sbagliata su noi stessi, come possiamo rimediare?
E poi, cosa vuol dire sbagliata? Cosa vuol dire rimediare?
Bene, se prima poteva sembrare di essere in un campo incerto e contorto, ora ci ritroviamo in un vero e proprio ginepraio.
La reazione più immediata è lasciare li la riflessione e convincersi di essere perfettamente consapevoli di chi siamo, di cosa vogliamo, felici di avere le nostre contraddizioni e le nostre particolarità e chi se ne frega se gli altri non le capiscono.
Alla fine ci potrebbe anche capitare di ritrovarci con una gastrite o piantati in asso o abbindolati da qualcuno che pensavamo fosse amore ed era un calesse.
Se ci fosse al mondo solo una sola persona che varrebbe la pena conoscere a fondo e rispettare e aiutare e incoraggiare e stupire, bene… quella persona siamo noi stessi. Eccesso di egocentrismo? Narcisismo elevato a potenza?
Semplicemente, ignorando chi siamo, saremo incapaci a comprendere chi sono gli altri perché ignoreremo cosa cercare negli altri per capire chi e come sono. Ignorando chi siamo saremo capaci di fare ciò che vogliamo? E non raggiungendo i risultati che ci prefiggiamo, saremo sempre noi stessi o diventeremo qualcun altro?
L’esperienza come Coach si unisce in me all’esperienza fatta nei gruppi giovanili, nella professione, nella politica, nelle relazioni interpersonali e riproduce sempre uno stesso schema.
Ciò che vogliamo essere è dentro di noi da sempre e, qualche volta in silenzio e qualche volta a urla, ci spinge a diventare ciò che vogliamo essere. Ma questo non basta, perché intorno a noi lasciamo che un poderoso insieme di eventi e persone mettano in pericolo quel percorso verso l’essere chi vogliamo essere.
Molto spesso diventiamo qualcun altro e qualche volta qualcuno che neanche ci piace.
Ecco che arriva il primo passo di un percorso che ci porta ad essere felici nella vita: cambiare per essere ciò che si è già, ciò che si è nel nostro cuore, nei nostri desideri, nelle nostre speranze. Quando riusciamo ad essere quella persona, cominciamo a percepire diversamente le difficoltà, le scelte, le relazioni, il fare, il desiderare.
Coaching: un grande strumento; Coach: una bella professione!